Sideways – In viaggio con Jack

Anno: 2004sideways3

Di: Alexander Payne

Con: Paul Giamatti, Thomas Haden Church, Virginia Madsen, Sandra Oh

Genere: commedia, drammatico

Durata: 124′

Nella vita, come nel cinema, capita spesso di incontrare una coppia come Miles e Jack. Il primo bruttino, maldestro con le donne, colto e depresso, che ama il buon vino e la letteratura e ha pure un romanzo prossimo alla pubblicazione; il secondo impenitente, rozzo, assetato di sesso, verboso e approssimativo. Due persone che non diresti mai potrebbero essere amici, tanto sembrano diversi filosoficamente e culturalmente, e che invece lo sono in maniera unica.

I due amiconi partono per un tour tra i vitigni della California organizzato da Miles per festeggiare l’ultima settimana da celibe di Jack. Ma se l’intenzione del primo è quella di passare una settimana col suo amico fraterno a degustare chardonnay e pinot nero, per Jack i programmi sono molto diversi: per prima cosa vuole a tutti i costi trovare una donna a Miles (reduce da un doloroso divorzio), in secondo luogo vuole trovarne una anche per sé, prima di dire sì alla futura moglie che lo aspetta a casa. Saranno, come si intuisce, sette giorni rocamboleschi, strampalati, grotteschi, eccitanti, depressivi, di importanti incontri, di sbronze micidiali e falsi ripensamenti. I filari d’uva e le aziende vinicole fanno da sfondo a questo on the road malinconico, dove i due protagonisti guardano dentro loro stessi e non vedono altro che la loro vita di attori di quart’ordine o di scrittori semifalliti, per poi tornare a casa senza nessuna risposta, ma forse con qualche altra domanda in più.

È gente comune quella dei film di Alexander Payne, gente con frustrazioni, ansie e isterismi quotidiani. Sono uomini piccoli non perché insignificanti, ma perché semplicemente appartenengono all’umana mediocrità del mondo. Il grande talento di Payne sta proprio nel rendere lo spettatore partecipe e solidale con le vicende dei suoi personaggi così poco speciali – e per questo motivo ancora più interessanti – e così tremendamente opachi. Come anche in A proposito di Schmidt, l’America che viene ritratta in Sideways appare come un luogo placido e un po’ kitsch, abitato da gente abbigliata con camicie dozzinali e da donne dalla bellezza sciupata. La fotografia sbiadita non fa altro che affrescare questo mondo, così come l’essenziale regia di Payne, così bravo a consegnarci la visione di una realtà anonima e piatta, un luogo dove sembra che non possa accadere nulla di eccezionale, e ottimo nell’unire alla tipica situazione da commedia americana on the road (con tutti i cliché del caso quali il viaggio come motivo di ricerca di qualcosa, la volontà della fuga, lo smarrimento interiore dei personaggi) toni melanconici e inquieti, attutiti ma non dissipati dall’utilizzo di una onnipresente sottotraccia di intelligente ironia (grazie anche ai dialoghi sempre convincenti e spesso graffianti). Sideways, come i vini di cui parla, è un film dal gusto dolce e morbido, che però non tarda a rivelare le sue note più acide e amare.

Voto: ●●●


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